'Il Giornale'
1 ottobre 2004)
Maurizio Cabona
"Senza essere il miglior film di questo regista, 'La vita che vorrei' è
un'opera solida e corretta, che racconta dignitosamente una storia
credibile. Che cosa gli mancava allora per essere ammesso alla Mostra di
Venezia? Di non raccontare una vicenda ambulatoriale o politica? Proponiamo
un'altra interpretazione: di essere più un film cattolico che un film
cristiano, di avere sì varie scene di sesso, ma che sfociano - per la prima
volta forse nel cinema italiano - nella nascita voluta di un bambino, anzi
nella nascita di una famiglia. Forse. Perché Piccioni ha il pregio di
cogliere le ambiguità delle persone, ma anche di ricordarsi che un popolo di
semplici fornicatori si estingue e che, se il sesso è il presente, un figlio
è il futuro."
la
Repubblica' 1 ottobre 2004
Paolo D'Agostini
"Il pregio di 'La vita che vorrei' è quello di non perdere mai la sua
ragione alta e la sua risonanza universale a dispetto della proverbiale
futilità del mondo d'apparenze di cui parla. La sua sottigliezza è
quella di soppesare di continuo le sfaccettature delle due opzioni
rappresentate da Laura e Stefano, di sorprendere con una luce
d'indulgenza ogni volta che l'uno sembra migliore dell'altro, di
spaesare offrendo ora all'uno ora all'altra una chance di verità. E'
così che un gioco apparentemente vacuo, quello del recitare, si risolve
in uno specchio della vita."
'Corriere
della Sera' 2 ottobre
2004
Maurizio Porro
"'La vita che vorrei', prodotto da Lionello Cerri è, nel panorama di un
cinema succube delle mode, un film coraggioso e intelligente, anche se
lavora sugli stereotipi del mondo dèmi dorato del cinema, con trucchi,
buffet, agenti, copioni, anteprime e cotillons, la brava Galatea Ranzi e
il suo regista Luca (non Ronconi, ma Bruschetta). Ma estraendo dagli
sguardi, dai silenzi, dalle atmosfere, il faticoso romanzo di una
passione forzata e forse negata, esce un film più ristretto e
appassionato, pieno di vitaminici dubbi, anche se il ring affettivo
oscura il baricentro, il rapporto fra mentire e recitare. Straordinario
l'avvio, col provino della bravissima Sandra Ceccarelli, vera anima
della storia, piena di chiaroscuri e misteri negli occhi. Trattasi
ancora e sempre di cinema nel cinema, con rimandi ottimi e abbondanti al
melodramma e alla poetica della finzione ('Effetto notte', 'La donna del
tenente francese'), dove una crepa può introdurre il respiro della vita,
giustificando il drammatico condizionale del titolo."
Il Messaggero',1 ottobre 2004
Fabio Ferzetti
"Come ogni buon film sul cinema, 'La vita che vorrei' sfrutta
l'intersecarsi di realtà e finzione, il sovrapporsi di attori e
personaggi, i sentimenti recitati sul set che anticipano, suggeriscono e
talvolta perfezionano quelli vissuti dietro le quinte. Malgrado tutto
però quello di Piccioni non è solo un film sul cinema. (...) Eppure 'La
vita che vorrei', che Piccioni ha scritto assai bene con Linda Ferri e
Gualtiero Rosella, al di là del gioco di specchi fra gli slanci amorosi
di ieri e le incapacità e le paure di oggi, parla d'altro. E nelle scene
migliori, pensiamo alla prima prova a due davanti al regista o a tutti i
momenti in cui Lo Cascio mette alla prova e umilia la Ceccarelli, mette
in scena con rara esattezza il contrasto forse insanabile fra due
nevrosi, due nature, due modi di stare o forse di non stare al mondo.
Fino a non sposare mai, acrobaticamente, il punto di vista di uno dei
due protagonisti fino in fondo. E proprio qui sta il bello, anche se la
regia di Piccioni, così controllata e aderente ai due protagonisti,
rischia a tratti di risultare snervata e un poco estenuante come il loro
duello senza fine."
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