MIO COGNATO


sinossi
Bari, oggi. Vito, impiegato pacifico e pignolo, è il cognato di Toni, disinvoltamente in bilico tra "città bene" e frequentazioni ambigue nel sottomondo cittadino. Impossibile che vadano d'accordo. I due sono costretti a superare diffidenza e divergenze di carattere in una nottata nei bassofondi della città, alla ricerca di un'auto rubata. Impareranno a rispettarsi a vicenda, ma a che prezzo?
 
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recensioni del film


"Mi sono diplomato con una specializzazione nel settore del montaggio al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Ma aldilà degli studi, preferisco pensare che tutto il cinema importante, da Méliès ai giorni nostri, abbia influito sulla mia formazione. Ho divorato un bel po' di cinema. Sul sito internet dedicato a "LaCapaGira", nella mia scheda ho segnalato alcuni titoli: "Cane Randagio " di Kurosawa, "Il Generale Della Rovere " di Rossellini, "Veronika Voss " di Fassbinder, "La Dolce Vita" di Fellini... Questi sono film che ho visto e rivisto con grandissima attenzione."


Intervista con Alessandro Piva *
di Barbara Corsi


Dopo il fortunato esordio de Lacapagira, premiato con il David di Donatello per la miglior opera prima nel 2000, questo è il tuo secondo film ambientato a Bari. Che cosa rappresenta per te questa città?
La cosa che mi attrae di città come Bari è la compresenza dei meccanismi della convivenza paesana con le schizofrenie della vita metropolitana, che insieme danno vita un mix molto affascinante da raccontare. A Roma, come in altre metropoli, è difficile uscire dalla cerchia dei consimili e conoscere l’altro da sé. A Bari, invece, si è portati continuamente a mettersi in relazione con tanti stili di vita e con tutte le classi sociali.

L’ambientazione de Lacapagira era tutta interna alla piccola malavita. Qui invece il protagonista è un tranquillo impiegato piccolo-borghese che entra in contatto con quel mondo: è questa la commistione di cui parlavi?
Se Lacapagira è volutamente molto claustrofobico e della città mostra solo anonimi paesaggi periferici, questo film intende restituire proprio quella caratteristica particolare di una città semi industriale del sud, che è la promiscuità. Vito, l’uomo qualsiasi al centro della storia, è sottoposto a un’iniziazione forzata da Toni, personaggio emblema di quella città ‘alta’ che, sporcandosi le mani nel torbido e bruciando le tappe, cerca di arrampicarsi ancora di più nelle scale del censo, all’inseguimento di modelli ‘facili’ mutuati dai media, in particolare dalla televisione. A differenza dei drop out e dei piccoli malavitosi molto vitali de Lacapagira, Toni fa parte di quella borghesia che ha fretta, che ha voglia di correre e non esita a sporcarsi le mani, se ce n’è bisogno, pur di raggiungere gli status symbol di oggi.

In che modo questo contatto modifica la personalità di Vito?
Vito è affascinato dallo stile di vita incarnato dal cognato, molto più faccendiere e più furbo di lui. Il viaggio nella notte cittadina è anche l’esplorazione del suo io profondo, delle ombre che gli si agitano dentro e dalle quali è fortemente attratto, in un tipico gioco di attrazione e repulsione. Non ne rimane indenne proprio perché scopre dentro di sé delle corde che non aveva mai suonato prima.

Il viaggio in un mondo notturno e sconosciuto fa pensare a Tutto in una notte di John Landis
Tutto in una notte è un prototipo e il cinema americano è fortemente sedimentato nel mio immaginario. Però per questo film credo sia più opportuno pensare a riferimenti del cinema italiano classico. Vito, morte e miracoli ha uno schema simile a Il sorpasso: un racconto di formazione in cui il protagonista è sollecitato a scoprire un mondo che non gli appartiene.

Durante la presentazione del film alle Giornate Professionali del Cinema, hai detto che sulla carta questo non era un film comico, e che il comico è scaturito come effetto secondario. In che senso?
Adesso che il film è ad uno stato avanzato di montaggio, posso dire che l’elemento comico esce ridimensionato e in tono un po’ minore rispetto al film precedente. I personaggi de Lacapagira - che il pubblico ha inteso come commedia nera, anche se io non mi ero reso conto del potenziale comico - erano più estremi e più caricaturali, pur essendo profondamente realistici. I richiami a quel tipo di mondo ci sono anche qui, ma i due protagonisti, Vito e Toni, hanno poco a che fare con la caricatura. In questo caso ho lavorato di più sui mezzi toni.

Lacapagira si reggeva su un registro recitativo molto minimalista. Qui ci sono due attori in primo piano, fra cui un mattatore come Rubini…
Rubini ha la tendenza ad essere un po’ sopra le righe: è un modo di recitare che gli appartiene e che evidentemente è stato assecondato dai registi che l’hanno diretto. Però credo di averlo trovato in una stagione della sua vita professionale in cui era particolarmente incline a esplorare nuovi registri. Aiutato dalla curiosità di lavorare con un regista più ‘off’ e meno istituzionale dei precedenti autori con cui ha lavorato, e dal fatto di conoscere l’ambiente raccontato dal film, credo che sia stato capace di restituire luci ed ombre di un personaggio difficile ma compatto come quello di Toni. Comunque stiamo parlando, sia nel caso di Rubini che di Lo Cascio, di due talentuosi attori che hanno una lunga strada di successo davanti a loro.

Questa volta hai avuto a disposizione una produzione di un certo rilievo. Come ti sei trovato nel passaggio dall’autoproduzione a Rai Cinema?
Avevo voglia di provare nuove vie di produzione, di avere più mezzi a disposizione, di misurarmi con l’ambizione di finanziatori-produttori che hanno in testa grandi obiettivi. C’è il bene e il male in tutto questo, come anche nelle operazioni totalmente indipendenti come il mio primo film. I conti vanno fatti alla fine. Sul set ho avuto una certa disponibilità di mezzi, la possibilità di assortire una troupe all’altezza dei compiti e un cast di rilievo. In fondo ho avuto anche poche pressioni, sono riuscito a fare un film che sento ancora molto mio.

* http://www.fice.it/VivilCinema/Numero1/Piva.htm
 

 


cast tecnico artistico
Regia: Alessandro Piva
Sceneggiatura: Alessandro Piva, Salvatore De Mola, Andrea Piva
Fotografia: Gian Enrico Bianchi
Soggetto: Alessandro Piva, Andrea Piva, Salvatore De Mola
Distribuito da: 01 Distribution
Prodotto da: Dada Film, Rai Cinema
 
personaggi ed interpreti
Vito Quaranta - Luigi Lo Cascio
Toni Catapano - Sergio Rubini
 Anna Quaranta - Mariangela Arcieri
Chicca Catapano - Alessandra Sarno

 

Alcuni critici hanno trovato analogie con:


 
Ladri di Biciclette  Vittorio De Sica, 1948

Antonio Ricci con suo figlio Bruno cerca per le strade indifferenti di Roma la bicicletta che gli è stata rubata e che è indispensabile per il suo lavoro.


 

Cane Randagio
Akira Kurosawa, 1949

Storia di un poliziotto, che ricerca con l'aiuto di un amico più esperto  nelle strade calde e polverose di Tokio  la pistola carica rubatagli su un autobus affollato.


 
Il Sorpasso
Dino Risi, 1962

A ferragosto Bruno, uno sfrontato quarantenne, convince il timido studente universitario Roberto a avventurarsi a  bordo della sua spider in un viaggio sull'Aurelia.

Fuori Orario
Martin Scorsese, 1985

Paul Hackett, introverso e ordinatissimo tecnico di computer, passa una notte nelle strade più malfamate del quartiere newyorkese di Soho.

Tutto in una Notte
John Landis, 1985

Un ingegnere di mezza età in crisi prende una notte la macchina fino all'aeroporto di Los Angeles dove una misteriosa donna lo coinvolge in un intrigo internazionale.
 
 

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